Corso quadriennale di Specializzazione in Psicoterapia

Riconosciuto dal MIUR per psicologi e medici

La terapia della mente rischia di rimanere impigliata nelle diatribe e nelle mille impostazioni metodologiche sospese tra mente e corpo. Come dobbiamo pensare la malattia mentale? Come un problema della mente o come un problema del corpo?

In realtà la vita è concomitanza psicofisica ed è questa concomitanza psicofisica che dobbiamo saper cogliere quando ci avviciniamo agli aspetti funzionali o disfunzionali sia della mente sia del corpo. Senza per questo giungere a frammentare il nostro intervento terapeutico che deve saper restituire al soggetto quei nessi simbolici e affettivi che la «malattia» ha interrotto e separato dagli accadimenti psicofisici, favorendo così le capacità riflessive, dialettiche, e di mentalizzazione del soggetto. La SPC di Genova si propone di formare psicoterapeuti in grado di salvaguardare il senso, l’integrità e la legittimità dell’approccio psicoterapeutico integrando il modello forte psicodinamico con tutte quelle conoscenze altre che attualmente possono conferirgli veridicità e ampliamenti conoscitivi, facendo della relazione terapeutica il fulcro attivo di tale integrazione.

La sede di Genova della SPC propone il modello forte della psicoanalisi freudiana facendo riferimento ad autori classici quali Klein, Bion, Winnicott fino a giungere ad affrontare il dibattito più attuale che si esprime nel modello relazionale e in quello intersoggettivo. Poiché pensiamo che il modello psicoanalitico sia indispensabile per fornire agli allievi un impianto teorico ed esperienziale atto allo sviluppo delle competenze e della sensibilità necessarie per trattare la patologia mentale, la SPC di Genova ‘compara e integra per assimilazione’. Il nostro modello trae anche alimento dalle nuove consapevolezze neuropsicologiche che si sviluppano tra semplificazioni riduzionistiche, conferme effettive della teorizzazione psicoanalitica e necessità di collocare patologia e cura nell’ambito delle strutture sociali e sanitarie esistenti. Attualmente la mole di ‘sapere’ necessario a muoversi con disinvoltura nella clinica psicoterapeutica è tale che non è più possibile abbracciare un modello senza una precisa contestualizzazione sia rispetto alle frammentazioni di ciascuna teoria sia rispetto alla molteplicità delle proposte interpretative. Non può essere dilazionata una riflessione su ciascun apporto. Il lavoro di integrazione che ne deriva non rappresenta certo una semplificazione della complessità, un tentativo di giungere a soluzioni prescrittive e deresponsabilizzanti, ma costituisce invece un modo di imparare a riflettere.
Il nostro obiettivo formativo prioritario è aiutare gli specializzandi a coltivare una mente ‘ben fatta’ e non ‘ben piena’ (E. Morin). Ciò significa procedere nell’acquisizione di un sapere che non diventi mai né settario né dogmatico, ma –esercitando e allenando una capacità riflessiva e critica circa la realtà- sappia muoversi agilmente fra varie teorie della mente e concetti quali: diagnosi, malattia, cura, guarigione, in modo da poter mantenere con le altre correnti di pensiero una tensione dialettica e una curiosità epistemofilica che consenta di interiorizzare un modello terapeutico vitale e creativo, capace di cambiamento e di flessibilità, senza perdere identità, rigore e scientificità. È per noi essenziale che lo specializzando proceda verso l’acquisizione di uno stile personale che gli consenta di trovare parole originali che non siano acting-out emotivi di fronte alla turbolenza suscitata dal paziente, ma linguaggio capace di creare un clima relazionale di tolleranza e accoglienza che aiuterà il paziente a trovare risposte altrettanto personali per la propria esistenza. ‘Individuare le differenze fornisce una motivazione al pensiero. La comparazione aiuta la riflessione. La differenza, la differenziazione e la comparazione rendono possibile il pensiero articolato e rappresentano il cuore della maggior parte dello sviluppo creativo in molti campi, ma la differenza è anche una potenziale linea di confine che giace nella psiche umana, una linea lungo la quale possono correre pregiudizi, stigmi, proiezioni e impulsi xenofobi.’ (Tuckett 2008)